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Quindicinale a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche
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N. 4 - 26 feb 2020
ISSN 2037-4801
Focus - Donne da primato
Liliana Segre è la prima sopravvissuta all'Olocausto incaricata senatrice a vita della Repubblica. Nel suo discorso in Senato, subito dopo la nomina ricevuta dal capo dello Stato Sergio Mattarella, è stata diretta e concreta: “Coltivare la memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l'indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare”. Un monito che richiama tutti, cittadini e istituzioni, a non cadere in quell'indifferenza che già quarant'anni fa Primo Levi aveva percepito negli italiani, definendola “geografica”, come se gli orrori dell'Olocausto si fossero svolti solo in Germania e non anche in Italia. “Troppo facilmente si è voluto ignorare che noi siamo stati alleati dei tedeschi dal 1936 alla resa dell'8 settembre 1943 e che abbiamo collaborato attivamente alla persecuzione degli ebrei”, sottolinea Flavia Zucco, già presidentessa e fondatrice dell'associazione “Donne e scienza”, già dirigente di ricerca presso l'Istituto di medicina molecolare (ora Istituto di biologia cellulare e neurobiologia) del Cnr.
Liliana Segre è, dunque, chiamata nelle istituzioni a rappresentare la memoria. E proprio nel 1938, ottant'anni prima della sua nomina al Senato, vennero firmate dal re Vittorio Emanuele III, nel suo ritiro estivo nella tenuta di San Rossore, le leggi razziali italiane, dopo la campagna antisemita condotta anche attraverso il “Manifesto degli scienziati razzisti”, in cui si affermava tra l'altro: “Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli italiani”.
“Gli ebrei italiani sono contemporaneamente ebrei ed italiani”, è la contro-risposta al manifesto che dopo settant'anni arriva proprio da San Rossore, dove altri ricercatori, tra cui Flavia Zucco e Rita Levi Montalcini, hanno sottoscritto il “Manifesto degli scienziati anti razzisti”, dieci punti opposti a quelli sanciti nel '38. “L'esigenza è nata dalla necessità di smentire il concetto di razza, scientificamente infondato, espresso nel manifesto sulla razza da scienziati asserviti al fascismo, e di stroncare qualunque rigurgito di accenti di razzismo nella nostra democrazia. Scienziati ed esperti hanno voluto smentire una grossolana menzogna, spacciata per scienza. Un apporto alla non anestizzazione delle coscienze sostenuta dalla Segre”, prosegue Zucco.
Liliana Segre è anche la prima donna ad aver portato la sua testimonianza di sopravvissuta a una plenaria del Parlamento Europeo, lo scorso 29 gennaio, in occasione della Giornata della memoria. E non solo: ha scritto i testi per l'opera teatrale “Come un ermellino nel fango”; parla e tiene lectio magistralis davanti a studenti della scuola e universitari; ha partecipato a interviste e documentari (“Come una rana d'inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz”, “Binario 21”) e molto altro. “L'attività di testimonianza e promozione dei valori di uguaglianza portata avanti dalla Segre dimostra la sua capacità di domare lo spettro rievocato tutte le volte che vengono descritti gli orrori visti e subiti da soggetti considerati diversi per la loro specificità e identità, come accade anche alle donne”, commenta la ricercatrice.
Liliana Segre è la quarta donna senatrice a vita dopo Camilla Ravera (1982), Rita Levi Montalcini (2001), Elena Cattaneo (2013); la sua autorevolezza è stata riconosciuta pubblicamente con l'attribuzione di una serie di onorificenze, medaglie, lauree honoris causa e cittadinanze onorarie. “Si è scritto che le giovani donne hanno bisogno di modelli di ruolo per ispirare i loro comportamenti in un mondo che è, tuttora, molto maschile e maschilista: la senatrice Segre è uno di questi, perché rappresenta una donna, una persona a tutto tondo che trasferisce la sua drammatica esperienza senza censure o opportunismi, con grande voce di libertà”, conclude la ricercatrice.
Alessia Famengo
Fonte: Flavia Zucco, Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del CNR , email zuccoflavia@tin.it -