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CNR: Alamanacco della Scienza

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N. 4 - 26 feb 2020
ISSN 2037-4801

Focus - Donne da primato  

Cultura

Chiesa al femminile, un rapporto complesso

“Ma dov'è qui l'altra metà del genere umano?”. Con queste parole il cardinale Léon Suenens, arcivescovo di Bruxelles, il 22 ottobre 1963 prendeva la parola davanti all'assemblea plenaria del Concilio Vaticano II. Una domanda tanto banale quanto provocatoria, capace di scuotere dalle fondamenta un'impostazione teologica lunga quasi due millenni, ma anche di rendere visibile una realtà tanto consistente quanto poco riconosciuta all'interno della Chiesa quale era la parte del popolo di Dio di genere femminile. Una situazione che il Concilio avrebbe reso evidente, smarcandosi dalla massima paolina “Mulieres taceant in ecclesiis” (1Cor 14,34) e rifacendosi piuttosto alla manifesta importanza del ruolo attivo, svolto dalle donne nelle prime comunità cristiane e peraltro descritto proprio nelle lettere di San Paolo (soprattutto le epistole a Romani e Filippesi).

“Le religioni, le società e le culture evolvono, si diversificano: la Chiesa cattolica non fa eccezione”, esordisce Rosangela Barcaro, studiosa di bioetica e responsabile della comunicazione dell'Istituto di ingegneria del mare (Inm) del Cnr di Genova. “La questione comunque è irrisolta e la Chiesa si sente sempre più sotto pressione da parte di una società innovativa e multiforme con cui si vuole e deve relazionare”.

La donna nella storia della Chiesa è stata comunque protagonista: nella mistica, nell'apostolato, nella preghiera, nell'aiuto ai bisognosi. A sollecitare la Chiesa a passare dall'idealizzazione dei modelli femminili alla realtà concreta delle donne in carne e ossa, laiche e religiose, madri, mogli, lavoratrici, sono però i processi di emancipazione “iniziati in grande sostanza da almeno un secolo, pensiamo al contributo dato dalle donne all'industria durante la Grande Guerra, e cresciuti con la presa di coscienza sociale, quando la donna, non più confinata al focolare domestico e alla cura dei figli, ha cominciato a occupare pienamente, seppure in alcune limitate realtà politiche e culturali, posti e ruoli del tutto analoghi a quelli degli uomini”, prosegue la ricercatrice.

In ogni caso, la presenza ecclesiale delle donne è stata ed è tuttora limitata sotto molti aspetti culturali, organizzativi, di culto, morali, di mentalità. Persino l'immagine di Dio è impostata sul soggetto maschile, che ne è divenuto unico criterio interpretativo. Queste riflessioni hanno investito le istituzioni religiose, in particolare cristiane, aprendo da tempo un vivace dibattito sulla condizione femminile. “Una delle domande più diffuse ha riguardato e riguarda il motivo per cui alle donne è precluso l'accesso alla responsabilità e alla forma più alta e completa di partecipazione alla vita comunitaria, il sacerdozio, che in tutte le religioni monoteistiche è prerogativa tradizionalmente maschile”, sottolinea Barcaro. “A tali richieste le chiese cristiane hanno risposto con due tipi di approccio: quello possibilista delle varie confessioni protestanti, alcune delle quali hanno aperto alle donne anche le cariche sacerdotali di vertice, e la chiusura decretata dalla chiesa romano-cattolica e dalle chiese ortodosse orientali”.

Diversa la situazione in ambito evangelico. “Qui il sacerdozio femminile è una realtà che ha conosciuto un forte aumento numerico a partire dagli anni '80 del secolo scorso: da alcuni anni è perfino ammessa l'ordinazione episcopale femminile”, aggiunge la ricercatrice. La Chiesa Cattolica, pur a fronte di un acceso confronto teologico interno e di esplicite richieste di riforma, a livello ufficiale continua a escludere aperture in tal senso. “Grandi speranze si accesero ai tempi del Concilio, ma vennero ridimensionate sin da Paolo VI e poi dai pontificati successivi”, prosegue Barcaro. “Particolarmente ferme furono la posizione e il magistero di Giovanni Paolo II, soprattutto con la lettera apostolica Ordinatio Sacerdotalis del 1994, che in base a considerazioni storiche, dottrinarie, teologiche ed esegetiche che hanno spesso causato disappunto e frustrazione tra i fedeli che richiedono per le donne un ruolo e un potere maggiori”.

Il ruolo della donna nel contesto romano-cattolico sembra pertanto definitivamente concentrato nella dimensione dell'impegno laicale, degli ordini religiosi e dell'azione pastorale, con nuovi ministeri non ordinati da affidare in modo stabile a laiche. Il magistero di papa Francesco chiede insistentemente più in generale che i laici sviluppino maggiormente il loro apporto all'organizzazione e gestione delle comunità. Un nuovo e maturo “Popolo di Dio” e “sacerdozio universale”, per dirla col Vaticano II, una cultura sinodale profondamente incarnata nella storia e nella vita ecclesiale. Anche, sul piano pratico, per sopperire alla sempre minor presenza di sacerdoti e religiosi, e conseguente alla prolungata crisi vocazionale.

Segno evidente di questa linea, la nomina di Francesca Di Giovanni, classe 1953, a sottosegretario della Segreteria di Stato vaticana, responsabile del settore multilaterale per la sezione rapporti con gli Stati. “Una nomina estremamente importante e lusinghiera per tutto il mondo femminile. Che però non va più in là di tanto nell'affrontare il cuore del problema, e cioè la posizione strutturale della donna come tale all'interno della Chiesa, posizione che non sembra vicina ad un cambiamento radicale”, conclude la ricercatrice.

Maurizio Gentilini

Fonte: Rosangela Barcaro, Istituto di ingegneria del mare, tel. 010/6475860 , email rosangela.barcaro@cnr.it -