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Quindicinale a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche
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N. 19 - 21 ott 2020
ISSN 2037-4801
Focus - Gianni Rodari
Un fil-rouge lega il centenario della nascita di Rodari ad altri due centenari e scrittori. Uno è il giornalista ceco Karel Capek, che nel 1920 pubblicava il dramma utopico e fantascientifico “R.U.R. (Rossum's Universal Robots)”, in cui compare per la prima volta la parola "robot" (da robota, che in lingua ceca significa lavoro duro, pesante, forzato). L'altro è Isaac Asimov, padre della fantascienza e divulgatore scientifico, nato nel gennaio dello stesso anno.
Anche se il pubblico di Asimov, a differenza di quello di Rodari, è costituito soprattutto da adolescenti e adulti, ad avvicinare i due autori è la capacità visionaria e l'estrema attualità delle loro opere quando parlano di robot, di relazione uomo-macchina, di alienazione e creatività di automi. O quando descrivono invenzioni che hanno ispirato, magari inconsapevolmente, futuri scienziati. Rodari ha però raccontato storie di automi molto diversi dall'umanoide asimoviano R. Daneel Olivaw, a partire dal nome non certo fantascientifico, il Caterino, protagonista de “Il robot che voleva dormire”.
Caterino vive a Roma, prova sentimenti e si innamora della vicina di casa Jinny, anche lei un robot. È sociale e antropomorfo, interagisce esattamente come un umano. “Il fatto che provi sentimenti, emozioni, sensazioni oggi non è esattamente una realtà ma le ricerche in questo campo sono molte", spiega Umberto Maniscalco dell'Istituto di calcolo e reti ad alte prestazioni (Icar) del Cnr. "Anche noi in Istituto ci occupiamo di questi aspetti, in particolare abbiamo introdotto il concetto di robocezioni, sensazioni di cui il robot è cosciente e che influenzano i suoi comportamenti".
Il racconto rodariano è stato pubblicato per la prima volta nel 1975, pochi anni dopo l'uscita di "2001 Odissea nello Spazio" (1969), che contiene l'epica scena della disconnessine-perdita di coscienza di Hal 9000, il supercomputer dotato di un'intelligenza artificiale in grado di decidere autonomamente e mostrare emozioni. Il tema della coscienza delle macchine continua a essere indagato, avendo forti implicazioni anche in termini etici. Caterino, ad esempio, disobbedisce: non gli basta avere una coscienza, vuole anche il subconscio, vuole sognare. E lo fa. Ma ai robot sognare non è permesso e quindi viene punito.
"Man mano che le macchine si vanno sostituendo all'uomo nel prendere decisioni anche cruciali per la vita degli esseri umani, il problema si pone in modo urgente. Immaginare oggi che una macchina possa disubbidire volontariamente è fantascienza. Tuttavia, pensare che possa commettere un errore, trovarsi in una situazione di stallo nel prendere una decisione o, peggio, che debba prendere una decisione che arrecherà danno all'uomo è una possibilità reale”, continua Maniscalco. "L'esempio classico riguarda le autovetture a guida autonoma, che potrebbero trovarsi di fronte al dilemma di decidere se salvare la vita dei passeggeri o dei pedoni. In quest'ultima ipotesi, si aprono scenari inesplorati: chi comprerebbe una macchina che sacrifica guidatore e passeggeri? Chi risponderebbe, civilmente e penalmente, delle decisioni prese? Possiamo lasciare il completo controllo di un'autovettura all'intelligenza artificiale? Queste sono solo alcune delle domande a cui dobbiamo ancora trovare una risposta".
In "L'esplorazione del Rio Rubens" Rodari introduce una categoria di robot che oggi possiamo già considerare realtà. "I robot estremofili, in grado di operare in ambienti non adatti all'uomo per le condizioni chimico-fisiche. Il rover Curiosity, ad esempio, ha esplorato Marte, inviando migliaia di immagini spettacolari del Pianeta Rosso", prosegue il ricercatore. "Le macchine robotiche hanno rivoluzionato le esplorazioni in molti settori scientifici: dall'esplorazione subacquea, che si avvale sempre di più di veicoli 'unmanned' (a guida autonoma), all'archeologia, che usa satelliti e droni per prospezioni sempre più vaste e accurate”.
Per quanto riguarda l'implicazione etico-sociale nel rapporto scienza-tecnologia, altro tema di grande attualità in Rodari è il rapporto uomo-lavoro-macchina-alienazione. Nel libro "Il pianeta degli alberi di Natale" si immagina una società anarchica, in cui tutto è delegato a robot e macchine, attività ricreative incluse: "Un robot avvolto in una vestaglia gialla lo guardava sorridendo con occhi fosforescenti, mentre con le mani faceva qualcosa che Marco, se si fosse trattato di una nonna invece che di un robot, avrebbe definito col verbo sferruzzare. Non posso stare senza far niente. Sono un robot domestico e questa casa mi dà pochissimo lavoro. E poi mi piace fare la maglia".
"Partendo da 'Tempi moderni', in cui Chaplin denunciava la condizione robotica dell'uomo della seconda Rivoluzione industriale, anche oggi c'è chi denuncia il lavoro reso alienante a causa dell'automazione”, osserva Maniscalco. “A mio avviso è una preoccupazione ingiustificata e concordo con Luciano Floridi, ordinario di Filosofia ed etica dell'informazione presso l'Università di Oxford, che sostiene che il lavoro non è una quantità finita e quindi il problema della sottrazione non si pone. Il lavoro che affidiamo alle macchine libera risorse da impiegare in attività intellettualmente più qualificate. Inoltre, in molti casi i robot che impieghiamo condividono il lavoro con l'uomo piuttosto che sottrarglielo: nel nostro Istituto, ad esempio, utilizziamo robot umanoidi per assistere presso il loro domicilio pazienti nel decorso post operatorio. Inoltre, l'impiego del robot punta ad abbattere i costi sociali di gestione del paziente e, al contempo, aumenta la sicurezza della degenza domiciliare con l'assistenza del paziente in tutti gli aspetti terapeutici".
Luisa De Biagi
Fonte: Umberto Maniscalco, Istituto di calcolo e reti ad alte prestazioni , email umberto.maniscalco@icar.cnr.it -