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CNR: Alamanacco della Scienza

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N. 12 - 6 dic 2017
ISSN 2037-4801

Focus - Gli eventi del 2017  

Socio-economico

Un futuro migliore per le donne

Sguardi indesiderati, commenti indiscreti, palpeggiamenti o contatti fisici inopportuni anche in luoghi pubblici. È capitato a molte donne e la denuncia anche nei casi di stalking e violenza più gravi, è una strada poco praticata. Negli ultimi tempi, dopo lo scandalo del produttore cinematografico Harvey Weinstein negli Usa e il caso Brizzi in Italia, il tema delle molestie sulle donne nel luogo di lavoro è divenuto di estrema attualità.

“L'art.26 del decreto legislativo 198 del 2006, definisce molestie quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”, spiega Maura Misiti, ricercatrice dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Le molestie e i ricatti sessuali in ambito lavorativo appartengono a tutti i mondi produttivi. Sulla base di una rilevazione Istat svolta nel 2016, si stima che siano 1.403 mila le donne che hanno subito molestie o ricatti sessuali sul posto di lavoro, circa il 9% delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione”.

Purtroppo il numero delle denunce è ancora irrilevante (0,7%) anche perché le donne si sentono giudicate quando scelgono di denunciare. “I toni dei giornalisti, di colleghi e colleghe, i commenti sui social sono spesso caratterizzati da sarcasmo, insulti, aggressività, anziché rispetto per le vittime e indignazione verso l'abuso di potere”, continua la ricercatrice dell'Irpps-Cnr. “Le donne tendono a tacere perché una mentalità diffusa ritiene meglio l'omertà e il silenzio, anche perchè gli abusi arrivano spesso da persone potenti”.

Oggi però il fenomeno sta ottenendo una notevole visibilità mediatica con movimenti di protesta e denunce sul web che diffondono hastag come #metoo, #giulemani e #iolavoro, grazie a casi celebri come quello di Weinstein o di attori famosi di Hollywood. “Ma in ambienti lavorativi diversi da quello del cinema chi denuncerebbe il proprio capo? Alcune donne finisce per fuggire e lasciano il lavoro, ma chi non può permetterselo e deve mantenere una famiglia?”, si domanda Misiti.

Ma cosa stanno facendo gli organismi governativi a riguardo? Nel 2007 Cgil, Cisl, Uil e Confindustria hanno recepito un accordo siglato dalle parti sociali europee, che parla del rispetto reciproco e della dignità all'interno dei luoghi di lavoro come caratteristica fondamentale delle organizzazioni di successo”, aggiunge Misiti. “E tra gli impegni previsti nel prossimo Piano nazionale contro la violenza maschile sulle donne, il Governo avvierà un percorso condiviso con le parti sociali (associazioni datoriali, sindacali e consigliere di parità), volto a favorire l'attuazione e il potenziamento degli impegni assunti nell'Accordo sottoscritto il 25 gennaio 2016, tra Confindustria e i sindacati per recepire l'intesa del 2007”, conclude la ricercatrice.

Margherita Botto

Fonte: Maura Misiti, Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, Roma, tel. 06/492724250 , email maura.misiti@irpps.cnr.it -