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Mensile a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche
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N. 2 - 6 feb 2019
ISSN 2037-4801
Focus - Matera
Se Matera è oggi capitale europea della cultura lo si deve a un totale ribaltamento della rappresentazione di una città che, va ricordato, nel 1948 fu definita da Palmiro Togliatti una "vergogna nazionale". La svolta per i Sassi si compie nel dicembre del 1993 con la loro iscrizione nella lista dei siti Patrimonio dell'umanità dell'Unesco. All'epoca, l'Italia era rappresentata soltanto da cinque centri storici di grande rilevanza tra i quali quelli di Roma, Firenze, Venezia, con i loro capolavori artistici.
Matera è non solo il primo sito del Sud d'Italia inserito nella prestigiosa lista, ma anche il primo scelto per l'unicità del suo organismo urbano, che nel corso dei millenni ha saputo sfruttare, con modalità che oggi si definirebbero ecosostenibili, una risorsa del suo territorio: l'acqua. “Con l'iscrizione di Matera compare per la prima volta il concetto di 'paesaggio culturale', in seguito utilizzato anche per altri siti Unesco”, spiega Antonella Pellettieri dell'Istituto per i beni archeologici e monumentali (Ibam) del Cnr.
Con paesaggio culturale si intende l'opera combinata della natura e dell'uomo e Matera, con il suo intricato e al contempo ordinatissimo sistema idrico, è l'esempio di come, anche tra le grotte trogloditiche, si possano sviluppare sistemi atti a migliorare la vita del luogo in cui ci si insedia. “L'impianto di raccolta e conservazione dell'acqua avveniva attraverso il sistema dei vasi comunicanti. Sui tetti furono realizzati piccoli canali di raccolta delle acque piovane che venivano convogliate in una cisterna posta al centro di un cortile, alla quale potevano accedere tutte le famiglie del vicinato”, continua Pellettieri. “Se le piogge erano copiose, l'acqua defluiva nelle cisterne dei vicinati sottostanti o laterali e, in questa maniera, non veniva persa una sola goccia. Questo sistema articolato consentiva anche la decantazione delle acque provenienti dalle sorgenti delle colline intorno la città: la cisterna più grande, detta il Palombaro lungo, raccoglieva fino a 5.000 mq di acqua”.
Dopo la proclamazione, l'Unesco avviò una serie di attività di promozione e studio, diffondendo decine di pubblicazioni in tutto il mondo. I Sassi iniziarono così ad attrarre studiosi e artisti internazionali. “Emblematica la scultura in bronzo alta oltre tre metri rappresentante una goccia d'acqua, realizzata da Kenijro Azuma e posta in piazzetta Pascoli, dinanzi a Palazzo Lanfranchi, sede del Museo d'arte medioevale e moderna”, aggiunge la ricercatrice. “Lo scultore, oltre a voler raccontare il ciclo perenne dell'acqua, ha voluto evidenziare il motivo per il quale Matera è iscritta nel Patrimonio Unesco. Sulla scultura vi sono solchi che evidenziano la capacità degli abitanti di scavare e conquistare spazi per meglio adattare esigenze della vita e natura del luogo”.
Con l'iscrizione nella lista Unesco, Matera vive anche una svolta economica e patrimoniale, vede accrescere di anno in anno il valore dei palazzi storici ma anche delle grotte. L'aspetto più sorprendente è che nel Sasso Barisano, a nord, e nel Caveoso, a sud, sono tornate a vivere stabilmente 3.000 persone e sono state restaurate abitazioni che possono accogliere fino a 7.000 abitanti. Un vero e proprio riscatto per la città che negli anni '50 dello scorso secolo fu fatta sfollare, ospitando i suoi abitanti in nuovi rioni. “Circa 15.000 persone che vivevano in 2.997 abitazioni, 1.641 delle quali troglodite, dovettero improvvisamente abbandonare stili di vita e tradizioni millenarie e adeguarsi al cosiddetto sviluppo: uno sradicamento che Pier Paolo Pasolini evidenziò nel 1964, quando nella Città dei Sassi girava le scene del film 'Il Vangelo secondo Matteo'”, conclude Pellettieri.
Molti degli attuali residenti non provengono più dalle storiche famiglie che una volta vivevano nella città vecchia, perché Matera in questi anni è divenuta meta turistica di richiamo internazionale. Ed è riuscita anche in epoca moderna a far rivivere modalità abitative e sociali del passato non convenzionali, che altrimenti sarebbero scomparse per sempre.
Edward Bartolucci
Fonte: Antonella Pellettieri , Istituto per i beni archeologici e monumentali, Tito Scalo, tel. 0971/427410, email a.pellettieri@ibam.cnr.it.