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Mensile a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche
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N. 6 - 6 giu 2018
ISSN 2037-4801
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“Si dirà che la sofferenza di avere un figlio autistico mi ha compromesso il cervello, si dirà che la mia è possibile demenza senile, si dirà che sono pagato, o manovrato, per minimizzare responsabilità di multinazionali, centri di potere occulti, ecc. È un rischio che alla fine mi spaventa assai poco; non tanto perché la mia priorità era già da prima, e resterebbe comunque anche dopo, quella di un figlio autistico da gestire. Da Tommy ho imparato a non affannarmi nella ricerca del consenso altrui e ne ho fatta la mia nuova regola di vita, soprattutto ora che so di essere anch'io, in parte, autistico”. Così scrive Gianluca Nicoletti nel suo terzo libro sull'autismo, intitolato 'Io, figlio di mio figlio' e come i precedenti edito da Mondadori.
La rivelazione è una di quelle da lasciare a bocca aperta, ma è attestata dal referto medico e dalla risonanza magnetica riportati a fine libro. La diagnosi è chiara: sindrome di Asperger, e un po' d'ansia. Sì, Nicoletti, proprio lui, nota voce di Radio 24, precursore del digitale in Rai, una carriera tutta costruita sulle parole, con un QI a metà tra quello di Madonna e quello di Einstein, si ritrova ora a essere membro di quella categoria di disabili 'speciali' da sempre oggetto delle sue critiche contro l'immagine dell'autistico-genio. Non tutti gli autistici sono come Rain Man, aveva avvertito l'autore nei suoi libri precedenti. Per esempio il suo “strambo figliolo” Tommy ama guardare la 'Sirenetta' e non riesce a staccarsi da qualsiasi cartellone pubblicitario trovi per strada. Conscio dell'apparente contraddizione, Nicoletti si dice pronto a ricevere le critiche di chi non si sente rappresentato nella sua visione, chiarendo che 'Io, figlio di mio figlio' racconta la storia di un autismo diverso da tutti gli altri: inevitabilmente, perché ogni autismo è una storia a sé. Peraltro, quella raccontata nel libro è comunque una storia di paradossi. Basti pensare che nel titolo compare due volte la parola “figlio”, mentre secondo l'autore gli autistici sono dei perenni orfani, che non riconoscono davvero i genitori ma si aggrappano a loro come il naufrago afferra qualunque cosa galleggi. Figlio, poi, l'autore non lo è o non si considera più da quando, racconta, ha deciso di operare un volontario e inesorabile atto di “sfamiglio”, allontanandosi dalla sua famiglia d'origine.
Il libro non è insomma il sequel dei due precedenti, quanto meno non nel senso più banale. Se 'Alla fine qualcosa ci inventeremo' e 'Una notte ho sognato che parlavi' ponevano le domande, 'Io, figlio di mio figlio' è il libro delle risposte. È lo specchio di un uomo che, come il Vitangelo Moscarda di 'Uno, nessuno e centomila', comincia e guardare il mondo da un'altra prospettiva. In queste ultime pagine, Nicoletti racconta come, dopo aver capito di essere autistico, abbia finalmente dato un senso a quei “quando parlo non mi ascolti”, “non sai abbracciare” che amici e parenti gli ripetevano o rimproveravano spesso. Come diceva Carver “scrivere è governare la propria inquietudine” e l'autore, per mezzo della sua penna a tratti cinica, ma assolutamente lucida, si mostra in tutte le sue fragilità da padre: nel flusso dei suoi pensieri torrenziali ma meticolosi, continua comunque a chiedersi cosa ne sarà di Tommy quando non ci sarà più lui a prendersene cura. Allo stesso tempo si lancia in una profezia all'apparenza improponibile: il mondo avrà sempre più bisogno di “cervelli ribelli” come quelli degli autistici, perché ogni cambiamento nasce da un dissenso. Una prospettiva peraltro non così assurda se, in Germania, il colosso Sap ha deciso di assumere alcuni autistici per promuovere l'innovazione nell'azienda.
Francesco Pieri
titolo: Io, figlio di mio figlio
categoria: Saggi
autore/i: Nicoletti Gianluca
editore: Mondadori
pagine: 252
prezzo: € 18.00