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Mensile a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche
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N. 11 - 7 nov 2018
ISSN 2037-4801
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“L'influenza che l'ambiente ha sulla vita dei singoli organismi e della loro discendenza”, ma anche il “modo in cui essi e la loro comunità di appartenenza influenzano l'ambiente circostante”. È così che Flavio D'Abramo, nell'introduzione del volume 'L'epigenetica', definisce questa disciplina, raccontandola dall'origine, fino ad arrivare agli sviluppi più recenti. Si parte dalla contrapposizione tra preformismo ed epigenesi, le due teorie scientifico-filosofiche con le quali si spiegavano la genesi e lo sviluppo degli organismi viventi: la prima riteneva che “nell'ovulo fecondato fosse già preformata la miniatura di un piccolo organismo”, il cui sviluppo avveniva senza influenza dell'ambiente; secondo i sostenitori della seconda, invece, “l'ambiente svolgeva un ruolo fondamentale nell'indurre variazioni dirette negli organismi”.
Tra i naturalisti, D'Abramo ricorda il francese Jean Baptiste de Lamarck (1744-1829) per il grande rilievo dato al “ruolo dell'ambiente nello sviluppo degli organismi e nella loro evoluzione”, teorizzando, fra i primi, “l'ereditarietà dei caratteri acquisiti”. Concetto negato invece dal neodarwinista tedesco August Weismann (1834-1914), secondo il quale “ciò che accade nella vita del singolo individuo mentre interagisce con l'ambiente non ha nessun effetto diretto su ciò che accadrà nella generazione successiva”.
Significativa è stata la figura di Charles Manning Child (1869-1954) secondo il quale “i geni non possono avere attività autonoma, piuttosto è l'ambiente in cui si trovano a portare i geni a funzionare in modo diverso”. Sebbene si possa attribuire a Child una delle più antiche formulazioni dell'epigenetica, la prima sistematizzazione di questa teoria è avvenuta grazie a un gruppo di scienziati inglesi di cui facevano parte anche Joseph Needham (1900-1995) e Conrad H. Weddington (1905-1975), riuniti nel Theoretical Biology Club. Weddington, in particolare, ha messo in luce “il ruolo che l'Interazione tra organismo e ambiente ha per le generazioni future” e “dimostrò sperimentalmente la possibilità dell'ereditarietà dei caratteri acquisiti, attraverso il cosiddetto processo di assimilazione genetica”. Con Weddington, Needham e Child l'epigenetica ha avuto un forte impulso perché “la relazione organismo/ambiente viene riconsiderata anche grazie allo studio degli organismi nei loro ambienti naturali, e non solo nel laboratorio”.
D'Abramo prosegue quindi illustrando l'epigenetica degli ultimi decenni, fondata sull'approccio DOHaD (Developmental Origin of Health and Disease), sviluppato dall'epidemiologo David Barker (1938-2013), che considera “tutti quei fattori che durante il periodo fetale e nella prima infanzia possono avere un effetto permanente che potrebbe condizionare il metabolismo e gli stati cronici degli adulti”. Così, ad esempio, la malnutrizione può determinare lo sviluppo atrofico delle valvole cardiache o anomalie di altri organi che possono provocare patologie come diabete e obesità o addirittura la morte precoce. L'autore ricorda dunque che il percorso che porta dalle teorie epigenetiche a forme di prevenzione e cura della salute è legato a scelte individuali, a fattori sociali, culturali ed economici e al ruolo degli individui all'interno della società.
Il libro si conclude con una 'Finestra di approfondimento', i cui contenuti sono curati dal medico Carlo Romagnoli e dal biologo e zoologo Alessandro Minelli, e con un esaustivo glossario.
Rita Bugliosi
titolo: L'epigenetica
categoria: Saggi
autore/i: D'Abramo Flavio
editore: Ediesse
pagine: 300
prezzo: € 14.00